Una italiana in Algeri

E poi c’è l’Opera.

Vi ho mai detto che a casa dei miei ci sono in salotto i poster della Turandot e della Madama Butterfly di Puccini? Ecco, questo è tutto ciò che ho saputo dell’Opera fino a qualche anno fa. Posters. A casa mia non sono sicuro che sappiano di cosa parlino…però ci sono. Per abitudine credo anche che, come spesso accade, non ci facciano più caso. Eppure sono lí e per certi versi hanno accresciuto la mia curiosità di provinciano della provincia senza teatri decenti, fugurarsi l’Opera.

L’Opera ha con se molti pregiudizi. Ma esistono tante composizioni e generi, trgedie, drammi, farse, commedie etc… che poi dipende da cos vai a vedere. E poi costa. La platea non è per tutti. Per quelli come me non resta che il palcoscenico. Chi mi conosce sa che una produzione l’anno circa la passo all’Opera. In genere al Liceu barcellonese. Lá per lappe vivo.

Rossini: L’ italiana in Algeri. Roba seria…anzi comica.

Voi ve la dovete vedere. Quella dove ci sto io. No, non canto. Faccio una comparsa, ma stavolta molto molto sorprendente.

Andiamo a piccoli passi. Prima il riassunto per semplici. C’è questa Algeri ma non sappiamo quando. Tanto ci basti che Rossini Gioacchino la scrisse nel 1813 in 18 giorni, supponiamo in quell’epoca. La scrisse  trovando il filone dell’ispirazione o del pane  e la buttò nero su pentagramma in un battibaleno. A me sembra una storia senza tempo. Da fiaba, comica. Piena di luoghi comuni, italiani, arabi. Una fiaba italiana in Algeri, appunto.

C’è questo Mustafà, un ricco sceicco, pieno di mogli ma che non gli sconfinferano…che non sanno nemmeno stirare. Occhio al maschilismo dei primi 800.  E lui vuole una italiana perché è esotica, e perché danno grattacapi e lui si vuole cimentare in questo sport.

Se volessimo fare una parentesi dovremmo costruire una vera parentesi  in fibra di carbonio parecchio resistente per reggere  tutte le opinioni in merito a questa coraggiosa e oltraggiosa scelta. Aspettate. Premesse saccenti per culi in cerca di frusta.  Allora lui chiama Halí o Alí, uno con un nome comune in quel di Algeri, ma che è il corsaro capo dei corsari e dice di andare a cercarne una. Tò come fosse che le italiane le trovo cosí.

E tò la trova. Che culo questo Rossini, quando cerca qualcosa… la trova.

Però si da il caso che trovano una barca piena di italiani. Li fanno schiavi.

Occasione giusta per rimandare a casa in Italia Lindoro, il suo schiavo italiano preferito, con Elivira sua moglie…ben contento di disfarsi degli impiastri.

Insomma sbarca la bella italiana, Isabella che Mustafa si vuole godere ma che non ha capito che Isabella è una con le palle quadrate. Infatti al suo cicisbeo (un tipo che gli sta appresso) gliela fa odorare ma non gliela darà mai, canta: “Ai capricci della sorte io so far l’indifferente”. E in 4 e 4: 8, mette sotto scopa i corsari.

Al che Mustafà la vede e si arrapa, e lei se la tira, prende i gioielli ma non la da subito…anzi si fa desiderare.

Proprio quando arriva Elvira e Lindoro a salutare Mustafa, Isabella ha uno shock. Si perché Lindoro è il suo innamorato. Mo so cazzi.

Ora nel finale del primo atto rimangono tutti “confusi e stupidi incerti pendono, non so comprendere tal novità”…. al contrario della consoli che ai giorni nostri compone confusi e felici… e vanno tutti via di testa perché Rossini il final del primo atto (ce ne sono due) lo deve fare in crescendo e nella tradizione comica: un gran casino.

Da qui in poi il secondo atto avrete capito che è un “crescendo” parzialmente scrematamente comico, dove il tema di fondo della donna che si libera dell’oppressore rimane molto sullo sfondo, dove l’ammmmmore tra lei e Lindoro è molto ma molto più un arrapamento adulto, e tutti tramano per far scappare i due in Italia.

Il piano è geniale e Taddeo il cicisbeo si adopera ad aiutare nonostante tutto. Nonostante corra il rischio di essere impalato da Mustafà, le tradizioni dell’epoca infatti volevano che ogni tanto si mettesse un palo nel culo a qualche tonto di passaggio o a chi non si comportasse bene.  Motivo per cui il Taddeo in questione viene investito come mussulmano e difensore dei tali col nome di Kaimakan.

Tutto questo deve far scattare il piano “pappataci”. Prima viene istruito Mustafa da Lindoro e Kaimakan che per piacere  e amare le italiane bisogna mangiare, bere e dormire. Come un italiano vero. Verrà molto tempo dopo Toto Cutugno a cambiare le tradizioni.

Poi gli schiavi italiani in Algeri vengono liberati in cambio di aiuto…cioè di distrarre Mustafa con l’operazione pappataci seconda fase.
Mentre Mustafa e Kaimakan mangiano un piatto di pasta Isabella e Lindoro scappano. Mustafa mangia e tace…come da tradizione italiana…mangia un bel piatto di spaghetti al pomodoro.

E chi li prepara gli spaghetti?

Un grande Chef un grande cuoco…dal vivo.

Il cuoco sono io. S’era capito. Ai fornelli. Boh non lo so, devo averci qualche tarocco messo storto, o dritto, per fare ormai teatro e cibo.

Cuoco con preparazione spaghettara al sugo “live”. Mica in playback. Qui si cucina sul serio davanti a un pubblico che magari è pure affamato e io lo inondo di profumo pomodoresco e di basilico fresco. Bona la pasta ragazzi. Buonissima.

E scappano. Finisce. Saluti.

Finita la storia ed il riassunto. Ora se andate a vederla, bella, vi piace. Qui la fanno due cast, che vuol dire che c’è il doppio di cantanti più o meno. A e B. I meglio e meno meglio. Pero secondo me gli B fanno più ridere. Gli A potrebbero far ridere parecchio ma secondo me stanno incazzati come le bisce per la tensione delle critiche. Al cast B non li va a vedere nessuno? Nessuno scriverà di loro? Una ingiustizia, ma sicuramente tutti hanno una zia o una nonna pronta a spellarsi le mani per applaudirli. Il casto B sembra il grande dimenticato invece no.

Noi comparse siamo sempre presenti. Sempre. Puntuali, ehm sulla scena con i nostri acting precisi. È vero, possiamo vantarci di avere piccoli momenti di gloria, di autentica presenza. Cadiamo qualche millesimo di secondo più tardi nell’oblio. È cosí che deve essere, apporre dettagli e granelli di sabbia per rendere lo spettacolo “perfetto”. Ora, mettiamola cosí: se davvero una comparsa volesse mettersi in mostra potrebbe fare una pazzia qualsiasi, specialmente davanti le telecamere della ripresa tv che poi viene ritrasmessa in diretta in 125 cinema d’Europa. Però in genere questa pazzia non è ben vista. In assoluto. Si rischia la vita. Oltre la enorme figura di merda e il costo di riparazione di tutti gli archi nel fosso dell’orchestra dopo che il primo stage manager di passaggio lo spinge giù con una pertica apposita (non è comune il gesto, ma si è pronti ad ogni evenienza), a parte questo e altre violenze, l’esilio e il taglio netto dell’alluce… si potrebbe pensare anche in qualche pazzia megalomane.

Quindi da bravi ragazzi e ragazze facciamo il nostro. Poi dietro le quinte, siamo l’anima della festa. di 100 colori.  Sempre in giro. Curiosi. A caccia di persone con cui parlare, scambiare battute. Dopo un mese di prove ancora non si riesce a conoscere tutti li dentro. Eppure si ha l’impressione  di essere una grande famiglia.

E siamo li, sul pezzo. A fare il tifo a questo o quella solista. A fare occhiolini, scherzetti, allenamenti, foto, il gruppone di whatzapp che va come va…

Io personalmete questa gentile gente l’adoro. Siamo tutti in sacco vogliosi, proprio si vuole lavorare. Se ci avessero detto di cantare, avremmo cantato a modo nostro…come quando torniamo in camerino storpiando i testi.

Di questa italiana in Algeri cè solo una cosa che mi risulta poco chiara: ma se siamo in Algeria, perché il tutto è ambientato in un bagno turco?